Il rapido e diffuso aumento delle tecnologie di comunicazione che utilizzano l’energia elettrica ha notevolmente modificato l’ambiente elettromagnetico che ci circonda, oltre al costante aumento dell’uso di corrente elettrica vi è un sempre maggiore uso di sorgenti e dispositivi che emettono onde elettromagnetiche.
Tutto questo comporta una crescente diffusione dell’esposizione e giustifica la necessità di valutare effetti diversi da quelli termici la cui prevenzione è alla base dei limiti di esposizione attualmente in vigore.
Negli ultimi anni sono stati effettuati numerosi studi scientifici sull’eventuale pericolosità delle onde elettromagnetiche per il corpo umano, alcuni hanno ribadito la presenza di notevoli effetti nocivi (tumori, perdita di memoria, cambiamenti nel comportamento e nello sviluppo dei bambini, riduzione della fertilità) altri hanno ribadito l’assoluta assenza di pericoli per il corpo umano; ad esempio un recente studio del National Cancer Institute (l’istituto americano che si occupa di ricerca sul cancro) ha rilevato che dopo aver usato un telefono cellulare per 50 minuti, i tessuti del cervello situati sul lato del telefonino metabolizzano più glucosio dei tessuti posti sull’altro lato. A tale proposito occorre precisare che a seguito di numerose ricerche scientifiche e studi di laboratorio su animali, le onde elettromagnetiche producono i seguenti effetti biologici:
- da 25 a 30 MHz (CB, radio taxi, radioastronomia, ecc.) penetrano in tutti i tessuti del corpo umano, nelle ossa e in particolare nel cervello, nel midollo spinale e nel cristallino dell’occhio;
- da 87 a 108 MHz (radiodiffusione FM) penetrano fino a 4 cm di profondità nel cervello, nel midollo spinale e nel cristallino;
- da 174 a 230 MHz (banda televisiva VHF) producono effetti soprattutto su bambini in crescita;
- da 470 Mhz a 1 GHz (banda televisiva IV/V UHF e telefonia mobile) penetrano nel cervello fino a 2 cm e hanno una potenza energetica dieci volte superiore a quella delle onde FM;
- da 2,4 a 2,5 GHz (radar, satelliti,forni a microonde, radioamatori via satellite) penetrano nel cervello fino a 1 cm e sono dannose per gli occhi, il sangue e i microrganismi;
- da 10 a 100 GHz (radar militari, forni industriali, esplorazione della terra via satellite, ricerca spaziale, radiolocalizzazione, meteorologia) penetrano nel cervello per alcuni millimetri, danneggiano il sangue e i microrganismi, possiedono una potenza energetica circa diecimila volte superiore rispetto a quella delle onde di 10MHz.
Il campo e le onde elettromagnetiche
Il campo elettromagnetico è dato dal campo elettrico che varia periodicamente nel tempo il quale genera perpendicolarmente a se stesso e nella direzione di propagazione, il campo magnetico in Fig.1.
Le onde elettromagnetiche cosi generate si propagano in fase, nello spazio libero alla velocità della luce di 300.000 km/s e sono caratterizzate dai seguenti parametri:
- FREQUENZA rappresenta il numero di oscillazioni complete compiute dall’onda elettromagnetica in un intervallo di tempo di un secondo, e si misura in Hertz(Hz);
- LUNGHEZZA D’ONDA corrisponde alla distanza in metri di una oscillazione completa ovvero alla distanza di due minimi o due massimi dell’onda. Viene rappresentata con la lettera greca λ ed è legata alla frequenza tramite la relazione λ = c/f dove: λ è la lunghezza d’onda espressa in metri; c è la velocità della luce espressa in metri al secondo ed è uguale a 3・108 m/s; f è la frequenza espressa in Hertz; dalla relazione la lunghezza d’onda risulta inversamente proporzionale alla frequenza;
- INTENSITA’ è la quantità di energia che fluisce, perpendicolarmente alla direzione di propagazione, in un secondo attraverso una superficie di un metro quadrato, si misura in W/m2.
Questi parametri sono legati tra loro e ognuno influenza l’effetto che il campo può avere su un sistema biologico; in prossimità di una sorgente radiante (antenne, apparati industriali, elettrodomestici, elettrodotti, ecc.) il campo elettrico ed il campo magnetico possono essere considerati separatamente, per distanze superiori a circa un decimo della lunghezza d’onda, la struttura dei campi inizia a risentire del fenomeno della radiazione cioè i due campi risultano tra loro concatenati e si propagano nello spazio libero sotto forma di campo elettromagnetico.
Il campo elettrico viene rappresentato con il simbolo E e si misura in volt per metro (V/m), mentre il campo magnetico viene rappresentato con il simbolo H e si misura in ampere al metro (A/m) o più generalmente in Tesla (T). In realtà il Tesla è l’unità di misura dell’induzione magnetica rappresentata con il simbolo B che si manifesta soprattutto quando si è in presenza di materiali ferromagnetici; tra le due unità di misura vale la relazione 1 Tesla = 795.800 A/m, poichè il Tesla è una unità di misura per il campo magnetico, molto grande, in genere si fa riferimento al suo sottomultiplo il micro Tesla (μT) pari ad un milionesimo di Tesla per cui la relazione diventa 1 μT = 0,7958 A/m.
Un’onda elettromagnetica trasporta energia che viene definita “densità di potenza” ed è rappresentata con il simbolo S; la densità di potenza rappresenta l’energia trasportata per unità di tempo e di superficie e si esprime in watt al metro quadrato (W/m2), essa risulta proporzionale al prodotto delle intensità del campo elettrico e del campo magnetico.
La frequenza è il parametro principale che influenza la modalità di interazione del campo elettromagnetico con un sistema biologico e quindi ne condiziona gli effetti al punto che, un campo elettromagnetico a parità di intensità, può essere pressoché insignificante o assai pericoloso a seconda della sua frequenza.
Nel caso degli impianti elettrici, degli elettrodotti, delle apparecchiature elettriche in genere, non vi è produzione apprezzabile di onde elettromagnetiche perché la frequenza di 50 Hz è troppo bassa, ad essa infatti corrisponde una lunghezza d’onda di 6000 km e praticamente fino ad una distanza di circa 600 km dalla sorgente, il campo elettrico e quello magnetico risultano indipendenti uno dall’altro e si possono avere effetti solo a distanza di qualche decina di centimetri. Occorre precisare che il campo magnetico alternato si manifesta soprattutto quando una corrente elettrica percorre un cavo e, viene potenziato da spire come quelle di prolunghe o da avvolgimenti di trasformatori e motori elettrici, il campo magnetico è direttamente proporzionale al valore della corrente.
Il campo elettrico alternato si manifesta in tutti i conduttori, interruttori, prese, quadri elettrici e apparecchi, quando sono sotto tensione, il campo elettrico alternato, al contrario di quello magnetico, viene emesso anche quando nell’impianto non circola corrente ma è alimentato, in poche parole anche quando le apparecchiature sono spente e nell’impianto è presente tensione, dagli organi di comando fino alle prese e lungo i cavi di alimentazione degli apparati inseriti nelle prese, il campo elettrico è direttamente proporzionale al valore della tensione, in figura 2 è visibile un esempio della presenza dei due tipi di radiazione nel settore residenziale.
Attualmente risulta abbastanza facile schermare il campo elettrico mentre è molto più difficile schermare quello magnetico; sono ottimi schermi per i campi elettrici:
- i materiali da costruzione pesanti come laterizi e calcestruzzo;
- tutti i tipi di metallo come ad esempio fogli di alluminio per gli elettrodomestici;
- nastri e calze di rame per i cavi elettrici ed elettronici;
- vernici a base di grafite e determinati tipi di stoffe.
Per schermare i campi magnetici a bassa frequenza, invece, vengono usate sostanze ferromagnetiche tipo nichel, ferro e cobalto oppure loro leghe; recentemente è stato introdotto sul mercato un materiale prodotto in Italia, denominato SKUDOTECH una lega con elevata permeabilità magnetica che con spessore di soli 0,5 mm raggiunge fattori di attenuazione di campo magnetico fino a 40 dB.
Lo spettro delle onde elettromagnetiche
Rispetto alla relazione con i sistemi biologici, lo spettro delle onde elettromagnetiche viene suddiviso in due tipologie principali, come mostrato in figura 3:
– radiazioni ionizzanti IR (Ionizating Radiation) di frequenza superiore a 300 GHz (raggi x,raggi gamma) queste radiazioni sono in grado di rompere, anche con piccolissime potenze, i legami chimici delle molecole del corpo umano favorendo la formazione in esso di molecole molto reattive che possono causare seri danni al sistema biologico determinando patologie anche molto gravi come tumori di vario genere o leucemia.
– radiazioni non ionizzanti NIR (Non Ionizating Radiation) di frequenza inferiore a 300 GHz, come: ELF (frequenze estremamente basse 1÷300 Hz); IF (frequenze intermedie 300 Hz ÷ 10 MHz); RF (radiofrequenze 10 MHz ÷ 1 GHz); MW (microonde 1 ÷ 300 GHz). Queste radiazioni anche in presenza di elevate intensità di campo non sono in grado di rompere i legami chimici delle molecole del corpo umano e il principale effetto che riescono a produrre sulle molecole è quello di farle oscillare producendo attrito e di conseguenza calore; un esempio è la cottura dei cibi con il forno a microonde.
Sorgenti di onde elettromagnetiche ed i loro effetti
Le onde elettromagnetiche oltre ad essere prodotte ed utilizzate nel settore delle telecomunicazioni per la trasmissione a distanza di suoni, immagini e dati, sono presenti anche nelle nostra vita quotidiana.
Ad esempio; camminando sulla moquette a causa dell’attrito si può produrre un forte campo elettrico; il tubo catodico del televisore o del monitor del computer emette elettroni che oltre a colpire lo schermo si propagano anche all’interno dell’ambiente; i motori di frigoriferi, lavastoviglie, lavatrici e condizionatori irradiano una considerevole energia elettromagnetica nell’ambiente; i ferri da stiro; i materiali sintetici si possono caricare elettrostaticamente per strofinio come i collant e continui cambiamenti di vestiario. Sono causa di presenza nell’ambiente di campi elettromagnetici anche: le linee di distribuzione dell’alta tensione aeree e interrate, le antenne paraboliche per le comunicazioni satellitari, gli impianti radar militari e civili, gli impianti di allarme, i metal-detector, la telefonia cellulare, i sistemi automatizzati per i controllo degli accessi, gli apparecchi elettromedicali, i sistemi a distanza di apertura dei cancelli e delle porte.
L’effetto delle onde elettromagnetiche non ionizzanti NIR generalmente non è nocivo, cioè non può danneggiare la salute dell’individuo esposto, ma più precisamente è un effetto biologico ovvero può tradursi o non tradursi in un danno per la salute dell’individuo esposto.
Il più evidente degli effetti biologici dei campi elettromagnetici è il surriscaldamento dei tessuti corporei, effetto notoriamente sfruttato dai forni a microonde che è anche facilmente riscontrabile dopo una lunga conversazione usando il telefono cellulare, in Fig.4 è visibile, tramite immagine termografica, l’effetto del riscaldamento dei tessuti prima (immagine A) e dopo (immagine B) una conversazione di 15 minuti con telefono cellulare.
C’e inoltre da osservare che gli effetti di tale fenomeno, definito impropriamente “elettrosmog”, risulta di difficile individuazione a causa del fatto che risulta essere una forma anomala di inquinamento in quanto non da luogo a processi di accumulo nell’ambiente, ma gli agenti inquinanti sono presenti solo fino a che le sorgenti che li hanno prodotti rimangono in uso.
Per quanto riguarda la vita quotidiana, le radiazioni interessate sono quelle NIR non ionizzanti inferiori a 300 GHz, come apparati elettrici domestici, apparati di telefonia mobile, trasmissioni radiotelevisive e dati, computer, treni e tram elettrici, elettrodotti, motori elettrici, trasformatori, radar e sistemi di sicurezza; che generano circolazione di correnti più o meno localizzate nel corpo umano producendo un surriscaldamento delle parti esposte alle radiazioni. La pericolosità di questo fenomeno sta nel fatto che il surriscaldamento avviene internamente al corpo per cui non è adeguatamente percepito dagli organi sensoriali, in questo modo l’organismo non è in grado di attivare i necessari meccanismi di compensazione e gli organi con scarsa circolazione sanguigna, che favorisce la dispersione del calore prodotto, risultano i più colpiti come ad esempio le cornee e i testicoli.
La profondità di penetrazione delle onde elettromagnetiche nei tessuti del corpo umano risulta inversamente proporzionale alla frequenza, cioè aumenta con il diminuire della frequenza. Per misurare l’energia radiante assorbita dal corpo umano nell’unità di tempo viene utilizzato il rateo di assorbimento specifico SAR (Specific Absorption Rate) o TAS (Tasso di Assorbimento Specifico) misurato in W/kg, si tratta della quantità di energia termica assorbita in un secondo da un chilogrammo di massa corporea. Il SAR o TAS è influenzato da molte variabili sia fisiche (frequenza, polarizzazione, modulazione) che biologiche (proprietà biologiche del corpo, dimensioni, orientamento rispetto alle linee di forza) e si modifica in funzione delle diverse caratteristiche del corpo umano quali vestiti, spessore della pelle, peluria, età e sesso.
Da studi effettuati su cavie animali con frequenze fino a 10 GHz, è risultato che occorre un SAR di almeno 4 W/kg per produrre effetti nocivi per la salute come ad esempio ustioni della pelle e/o disturbi oculari, perciò questo valore è abitualmente considerato la “soglia di rilevanza” per la salute umana nell’assorbimento energetico; ad esempio utilizzando un cellulare il livello di SAR nella testa generalmente risulta di circa 2 W/kg corrispondente ad un aumento di temperatura corporea di circa 1 °C, quando poi l’assorbimento supera il limite di 10 W/kg per lunghi periodi di tempo, i danni all’organismo diventano irreversibili.
Quantità di energia prossime al valore di 10 W/kg, si possono riscontrare solo nelle immediate vicinanze (non più di alcuni metri) delle antenne di potentissimi impianti trasmittenti generalmente installati sulle cime di montagne opportunamente recintati e raggiungibili solo da addetti ai lavori particolarmente addestrati o su alti tralicci adeguatamente protetti dall’avvicinamento di persone estranee, in figura 5 è visibile una postazione radiotelevisiva trasmittente, nello specifico quella di Castaldia in provincia di Pordenone situata ad un’altezza su livello del mare di 1100 m e lontanissima da centri abitati.
Secondo alcuni studi di laboratorio è stata riscontrata anche una notevole riduzione di melatonina in soggetti esposti in modo prolungato a radiazioni non ionizzanti di notevole potenza, questo ormone che regola l’umore e il sistema riproduttivo viene prodotto soprattutto durante la notte dalla ghiandola pineale situata nella parte posteriore del cervello. A frequenze superiori a 10 GHz, la profondità di penetrazione dei campi elettromagnetici nei tessuti è piccola, per cui il SAR non è più una grandezza sufficiente per valutare l’energia assorbita; una grandezza più appropriata è la densità di energia incidente espressa in W/ m2.
Oltre agli effetti termici descritti, l’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche determina nel corpo umano effetti biologici anche con livelli di SAR molto bassi dell’ordine di 0,01 W/kg, che la ricerca scientifica ancora non è in grado di spiegare con il solo riscaldamento dei tessuti. Il sistema biologico dell’uomo è un sistema estremamente complesso e soprattutto delicatissimo e potrebbe essere influenzato anche a bassissime intensità di campo, dalla risonanza tra la frequenza del campo elettromagnetico e quella di alcuni meccanismi delle cellule.
Occorreranno sicuramente ancora moltissimi anni di ricerca per poter arrivare a far piena luce su tali effetti, per queste ragioni è tuttora impossibile fissare limiti di esposizione precisi e sicuri per le radiazioni elettromagnetiche anche a bassissime intensità di campo.
Le normative al riguardo
Nel 1998 la ICNIRP (International Commission on Non Ionizing Radiation Protection) ha stabilito livelli di soglia per l’esposizione alle radiazioni non ionizzanti fornendo le linee guida per le normative dei vari Paesi.
In Italia le direttive internazionali dell’ICNIRP sono state recepite in maniera molto più restrittiva con vari decreti e norme (DL 381/1998, CE 519 del 1999, CEI 211-6, CEI 211-7, EN 50449, CEI EN 50413, CEI EN 50499, DL 81 del 2008, DL 123 del 2008, DL 179 del 2012). Per esempio il limite raccomandato dall’ICNIRP di 41 V/m per il campo elettrico, corrispondente ad un valore di SAR di 0,08 W/kg, risulta già 50 volte inferiore al valore della soglia di rilevanza di 4 W/kg, mentre con il decreto 381/ 1998 si impone un limite di 20 V/m, ulteriormente ridotto a 6 V/m per gli ambienti in cui la permanenza supera le 4 ore giornaliere, come ad esempio nelle scuole o nei luoghi di lavoro.
Bisogna infatti tenere presente che i valori di soglia riportati dai decreti e dalle norme sono limiti di riferimento indiretti, cioè sono stati rilevati nelle condizioni più facilmente misurabili, fissati in modo generico tenendo conto delle condizioni di esposizione più sfavorevoli, senza tenere in considerazione il fatto che il corpo umano assorbe energia in base alle varie condizioni di esposizione e soprattutto alle personali condizioni fisiche.
Ragione per cui detti limiti, proprio perché imposti da leggi e norme tecniche, vanno assolutamente rispettati, ma non è certo che provochino o no effetti dannosi per le persone esposte. Le linee guida infatti indicano che, al di sotto di una determinata soglia, l’esposizione ai campi elettromagnetici è, secondo le conoscenze scientifiche attuali, sicura; ovviamente questo non comporta automaticamente che al di sopra di detti limiti l’esposizione sia dannosa.
Ad esempio il sottoscritto, per circa 20 anni ha operato senza riportare alcun danno, in grandi impianti di trasmissione fino a frequenze di 20 Ghz, in postazioni trasmittenti dove funzionavano amplificatori con potenze su carico di antenna di 50 Ω fino a 40 kW con tensioni ad alta frequenza pari a 1400 V; in prossimità dei tralicci dove erano posizionate le antenne, i campi elettromagnetici risultavano talmente intensi che non era possibile usare strumenti di misura a bobina mobile, orologi digitali, autoradio, televisori.
In presenza quindi di studi discordanti, fra chi sostiene la non pericolosità e chi la pericolosità dei campi elettromagnetici, l’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia di applicare una modalità di intervento preventivo nei confronti di un rischio potenzialmente grave, mirato a fornire risposte precauzionali fino a che non saranno disponibili dati sicuri e scientificamente comprovati. In particolare con il DL N°123 del 9/4/2008 che disciplina la protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione ai campi elettromagnetici e con il nuovo DL N°179 del 18/10/2012 ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, il datore di lavoro è obbligato a valutare e, se necessario, a calcolare e/o misurare i livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori, queste valutazioni devono essere effettuate in conformità alle norme europee standardizzate del CENELEC.
Per tutte le situazioni non contemplate dalle citate norme europee, il datore di lavoro deve adottare le specifiche linee guida individuate dalla commissione consultiva per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro, o in alternativa, quelle del CEI valutando anche i livelli di emissione indicati dai fabbricanti delle attrezzature in conformità alle specifiche direttive comunitarie di prodotto.
Gli elementi di valutazione del rischio di esposizione
Per una corretta valutazione del rischio di esposizione ai campi elettromagnetici, si deve prestare attenzione ai seguenti elementi:
- il livello, la durata, lo spettro di frequenza, il tipo di esposizione;
- i valori limite di esposizione e i valori di azione;
- tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori e/o individui esposti;
- effetti indiretti quali: interferenza con attrezzature e dispositivi medici elettronici come stimolatori cardiaci e/o altri dispositivi; innesco di dispositivi elettrici di esplosivi (detonatori); incendi ed esplosioni dovuti a scintille prodotte da campi indotti, correnti di contatto, scariche elettriche;
- l’esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici, tenuto conto del lavoro da svolgere;
- le caratteristiche dell’installazione degli apparati, il loro stato di manutenzione, le procedure di utilizzo, le caratteristiche degli ambienti, la disposizione delle postazioni di lavoro, le modalità operative adottate dagli addetti;
- la disponibilità di azioni di risanamento volte a minimizzare i livelli di esposizione;
- esposizione simultanea a campi di frequenze diverse;
- informazioni a seguito di sorveglianza sanitaria comprese informazioni reperibili in pubblicazioni scientifiche.
Le regole da seguire
Purtroppo il continuo progresso tecnologico ci costringe ad essere sempre più esposti, anche per lunghi periodi, alle radiazioni delle onde elettromagnetiche e, MENTRE OGGI SAPPIAMO TUTTO SULLA LORO NATURA, SAPPIAMO ANCORA POCO O NULLA SUI LORO REALI EFFETTI BIOLOGICI, per cui al fine di non sottovalutare eccessivamente tale fenomeno è buona norma rispettare in ogni situazione, lavorativa e non, le seguenti regole:
- non conservare il telefono cellulare acceso sul torace in prossimità del cuore, evitare lunghi e frequenti colloqui e alternare spesso l’orecchio, usare solo auricolari a filo;
- tenere il telefono cellulare acceso e/o la radiosveglia ad almeno un metro di distanza dal cuscino o dal posto di lavoro;
- non dormire con coperte elettriche in funzione;
- evitare di attivare il riscaldamento elettrico a pavimento nelle camere da letto durante la notte o nei luoghi di lavoro;
- non sostare a lungo troppo vicino ad apparecchi quali il frigorifero, il forno elettrico, lo scaldabagno, il forno a microonde, il televisore, il computer;
- assicurarsi che il forno a microonde sia spento prima di aprirlo, l’interruttore di sicurezza potrebbe non funzionare correttamente;
- svolgere completamente le prolunghe evitando la formazione di spire;
- evitare l’uso di prese multiple e/o ciabatte;
- non disporre letti, divani, scrivanie, a ridosso di pareti divisorie dove sono posti elettrodomestici o macchinari industriali;
- tenere le lampade alogene ad una distanza di almeno 50 cm, ed assicurarsi che siano provviste di apposito vetrino schermante per le alte frequenze, perché oltre ai campi elettromagnetici emettono una radiazione ad alta frequenza che può risultare molto dannosa;
- tenere sempre l’asciugacapelli a circa 30 cm dalla testa e cambiare spesso mano;
- in ambienti di lunga permanenza, preferire l’illuminazione con lampade fluorescenti ed evitare di installare termosifoni elettrici;
- evitare di sostare a lungo, a meno di un metro, dai trasformatori delle lampade alogene;
- evitare l’uso prolungato di apparecchi elettrici da parte dei bambini;
- tenere gli apparecchi di telecontrollo per bambini e neonati ad almeno 70 cm di distanza dalla loro testa;
- tenere i bambini ad almeno un metro di distanza dal televisore o dal monitor dei videogiochi;
- evitare che i bambini osservino il cibo in cottura attraverso il vetro del forno a microonde perché la schermatura può diventare con il tempo meno efficace;
- installare, se possibile, nel quadro elettrico generale un “disgiuntore di rete” apparato in grado di scollegare e ripristinare automaticamente una determinata linea, ad esempio zona notte quando tutte le apparecchiature elettriche vengono spente o riaccese.
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