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Alcune considerazioni sulle batterie

Battery2

Introduzione

Il continuo e costante progresso tecnologico, mette a disposizione dei soggetti utilizzatori una enorme quantità di dispositivi elettronici portatili che per essere alimentati necessitano di batterie sempre più piccole e leggere, ricaricabili e di lunga durata. Di conseguenza la batteria è diventata l’elemento fondamentale delle apparecchiature elettroniche portatili e non solo, la possibilità di avere grandi quantità di energia e poterla erogare in tempi lunghi mediante un sistema leggero e di grande capacità è di notevole importanza anche in altri campi come gli autoveicoli e lo stoccaggio di grosse quantità di energia. In pratica la batteria è una sorgente di energia elettrochimica la cui erogazione avviene per effetto delle reazioni chimiche che si svolgono al suo interno.

Un po’ di storia

La nascita della batteria ha richiesto anni di studio ed è il frutto dell’appliczione di fondamentali leggi dell’elettrochimica; la pila elettrica è stata inventata nel 1799 da Alessandro Volta professore di fisica sperimentale all’Università di Pavia di cui nel 1885 divenne rettore, Alessandro Volta interessatosi agli esperimenti relativi all’elettricità sui nervi, effettuati dal professore di anatomia Luigi Galvani il quale osservò che le fibre muscolari delle zampe di una rana morta si contraevano se messe a contatto con due metalli diversi, riuscì a dimostrare che il fluido elettrico non era generato direttamente dai muscoli ma dal contatto tra i due metalli differenti separati da umidità.

In pratica Alessandro Volta, come descrive nella celebre lettera di presentazione della sua invenzione, scritta in francese il 20 marzo del 1800 e indirizzata a Joseph Banks presidente della Royal Society di Londra (traduzione dellalettera), con il suo “organo elettrico artificiale”, riproduce la struttura dell’organo naturale della torpedine precedentemente studiata e dettagliatamente descritta da Galvani nei suoi studi sull’elettricità delle torpedini.

Alessandro Volta nella lettera, in seguito pubblicata nelle Philosophical Transactions di quella prestigiosa accademia scientifica, descrive la sua invenzione come una colonna composta da “dischi di rame, o meglio d’argento, applicati ciascuno ad un pezzo di stagno, o, il che è molto meglio, di zinco, e un numero uguale di strati d’acqua, o di qualche altro umore che sia miglior conduttore dell’acqua semplice, come l’acqua salata, la lisciva, ecc., o dei pezzi di cartone, di pelle ecc., bene imbevuti di questi umori”, chiama questo suo apparecchio organo elettrico artificiale e lo presenta proprio come una ricostruzione dell’organo naturale della torpedine, in figura 1 una riproduzione dell’originale “pila di Volta” da lui stesso definita apparecchio a colonna.

Fig.1: Una riproduzione della pila di Volta a colonna

Nella stessa lettera indirizzata a Joseph Banks, Volta descrive anche un’altra versione della sua scoperta la corona di tazze ideata per ovviare al problema della fuoriuscita del liquido e della sua rapida essiccazione che si verificava con il sistema di impilazione, vedi figura 2.

Fig.2 Alcune pile a colonna e la corona di tazze esposte al Tempio Voltiano di Como

Proprio da questo sistema di impilamento verticale l’apparecchio è stato chiamato pila di Volta; il principio di funzionamento è basato sul fatto che ogni metallo è caratterizzato da una determinata configurazione superficiale di elettroni e quindi è in grado di fornire un diverso livello di energia ai suoi elettroni liberi. Questo induce a pensare che sia sufficiente unire ed alternare due metalli diversi per ottenere una forza elettromotrice, in realtà nel momento in cui si collegano i due materiali, attraverso il filo elettrico per collegare un eventuale carico, si viene a realizzare un secondo contatto tra i metalli della pila e quelli del filo elettrico di collegamento.

In questo modo si genera un potenziale opposto a quello generato dalla pila con conseguente annullamento del potenziale elettrico principale, la grande intuizione di Alessandro Volta fu quella di separare i due materiali diversi ponendoli a contatto con un materiale imbevuto di una soluzione salina, a tale scopo definì due categorie di materiali, i conduttori di prima specie cioè quelli costituiti dai metalli e i conduttori di seconda specie cioè quelli costituiti da soluzioni elettrolitiche.

Con questa intuizione Alessandro Volta riuscì a scomporre i potenziali di contatto in due tipi distinti; uno originato fra metallo e metallo e uno originato fra metallo e soluzione salina, poiché quello che si origina fra metallo e soluzione è in grado di fornire energia maggiore, riesce a prevalere su quello che viene generato tra metallo e metallo causato dal collegamento esterno, in figura 3 è schematizzato il principio di funzionamento della grande intuizione di Alessandro Volta.

Fig.3: Funzionamento della pila di Volta

Con il passare degli anni sono state elaborate combinazioni di metalli ed elettroliti sempre più efficienti; nel 1859 il fisico francese Gaston Planté realizzò una batteria ricaricabile costituita da piastre di piombo immerse in acido solforico, simile a quella utilizzata nelle moderna industria automobilistica, e nel 1880 fu realizzata la prima pila a secco utilizzando una sostanza elettrolitica solida; dal 1910 in poi la tecnica si è orientata sempre più verso la pila a secco e con questo tipo di elemento, sempre più studiato e perfezionato, si è principalmente affermata la moderna industria delle batterie.

Le caratteristiche

Se si prende ad esempio una comune pila come quella che solitamente viene usata per il telecomando di un televisore, non è corretto parlare di batteria ma più propriamente di cella che è l’elemento più piccolo di una batteria; si parla invece di batteria quando si è in presenza di più celle elettricamente interconnesse a formare un insieme unitario che può essere ottenuto con celle interconnesse in serie o in parallelo come ad esempio la batteria di 3 V di un telecomando formata da due celle cilindriche distinte di tensione 1,5 V messe in serie.

La conversione dell’energia da chimica a elettrica è resa possibile dalla presenza di due elettrodi che all’interno di ogni singola cella sono collegati reciprocamente tramite un liquido elettroconduttore (elettrolita), un elettrodo è costituito da un metallo (zinco o litio) che a contatto con l’elettrolita crea un potenziale negativo (anodo), il secondo elettrodo è invece costituito da un composto ricco di ossigeno (idrossido di nichel, biossido di manganese, ossido d’argento) che a contatto con l’elettrolita genera un potenziale positivo (catodo). L’elettrolita può essere liquido, ad esempio una soluzione ionica, oppure solido come nel caso delle batterie a secco genericamente definite “Leclanchè”.

Le batterie si suddividono sostanzialmente in due grandi categorie:

batterie di tipo commerciale o domestico sono quelle che si trovano nella maggior parte delle applicazioni quotidiane, sono caratterizzate da una bassa tensione e vengono impiegate nelle più svariate applicazioni: telecomandi, telefoni cellulari, radio, giocattoli, computer portatili, orologi, lampade portatili, flash e macchine fotografiche, strumenti di misura, ecc, vedi figura 4;

Fig.4: Alcuni tipi di batterie commerciali

batterie di tipo industriale sono molto più grandi rispetto a quelle commerciali, vengono impiegate oltre che per fornire alimentazione a macchine industriali e automobili, anche per lo stoccaggio di grosse quantità di energia proveniente soprattutto da impianti di produzione di energia rinnovabile o termoelettrica, vedi figura 5.

Fig.5: Alcuni tipi di batterie industriali

Le principali caratteristiche di una batteria che è necessario conoscere al fine di realizzare un corretto dimensionamento dell’alimentazione di un determinato carico, sono:

tensione nominale espressa in volt, dipende dalla tecnologia chimica usata e non dalla grandezza fisica, questo parametro identifica il tipo di batteria e corrisponde alla tensione media che può essere erogata dalla batteria;

tensione massima espressa in volt, indica la massima tensione che la batteria è in grado di erogare nella condizione di piena carica, questo parametro è importante ai fini di non superare il voltaggio indicato dal costruttore di una determinata apparecchiatura, in caso di sostituzione;

capacità espressa in Ah (molto usato è anche il suo sottomultiplo mAh) rappresenta la quantità di elettricità che la batteria può erogare in un intervallo di tempo, ad esempio una batteria con capacità di 2 Ah può fornire continuativamente una corrente di 2 A per un’ora oppure 1 A per due ore o ancora 0,5 A per quattro ore. Nelle applicazioni pratiche però, questi dati sono relativi, perché in realtà la capacità si riferisce ad un livello di scarica costante e per una determinata tensione di soglia; se questi parametri cambiano durante il funzionamento, cambia anche la capacità della batteria. Il prodotto della capacità con la tensione nominale è espresso in Wh;

densità energetica o energia specifica è la quantità di energia immagazzinata per unità di massa o di volume ed è un parametro molto importante nei casi in cui si voglia ottenere un alto livello energetico contenendo il peso o il volume; per fare un esempio automobilistico, 1 kg di benzina contiene circa 13 kWh di energia contro 0,1 kWh di energia accumulata in 1 kg di peso di una delle migliori batterie attuali. In pratica la densità energetica, espressa in Wh/m3, è il rapporto tra l’energia accumulata e l’unità di volume che la contiene, mentre l’energia specifica, espressa in Wh/kg è il rapporto tra l’energia accumulata e l’unità di massa dalla quale viene erogata.

durata rappresenta il numero di cicli di carica/scarica che la batteria è in grado di sopportare, ovvero quante volte essa è in grado di caricarsi e scaricarsi fino ad un valore non inferiore all’80% della sua capacità. La durata di una batteria è un parametro che risulta essere notevolmente variabile in quanto largamente influenzato dalle condizioni d’uso, per questo motivo è molto importante rispettare le condizioni operative, le modalità di ricarica e di manutenzione indicate dal costruttore;

temperatura caratteristica parametro che indica i limiti di temperatura entro i quali la batteria funziona correttamente; ad esempio a temperature troppo basse l’elettrolita potrebbe congelarsi mentre a temperature troppo alte può verificarsi una modifica nella reazione di ossidoriduzione;

autoscarica rappresenta la velocità di scarica di una batteria quando non è collegata al carico, è un parametro legato alla temperatura e alla tipologia della batteria, aumentando la temperatura l’effetto di scarica aumenta;

indice C è un parametro che indica la corrente media che la batteria eroga se viene scaricata in un’ora, un indice C indica l’intensità di corrente in Ah nel caso di scarica in 1 ora, un indice C/5 nel caso di scarica in 5 ore, un indice 2C rappresenta invece l’intensità di corrente nel caso di scarica in ½ ora; conoscere questo parametro è importante soprattutto in quei casi in cui è necessario alimentare apparecchiature con un consumo elevato.

Le batterie dal punto di vista tecnico si suddividono in due grandi categorie:

a) batterie primarie o pile una volta scaricate non possono essere più utilizzate;

b) batterie secondarie o accumulatori una volta scaricate possono essere ricaricate più volte mediante l’uso di uno specifico alimentatore, il caricabatteria.

Infine dal punto di vista della forma si possono avere:

Tutti i tipi di batterie primarie e secondarie contengono composti chimici velenosi e metalli pesanti quali acido solforico, piombo, cadmio, cromo e in modo particolare il mercurio, che le rendono classificabili come rifiuti altamente inquinanti, per tale motivo la legge ne obbliga la raccolta separata e soprattutto i punti vendita hanno il dovere di informare gli acquirenti sulle possibilità di smaltimento, mediante apposito avviso collocato in modo ben visibile, sui prodotti e/o sulle confezioni e/o sulle istruzioni d’uso.

Batterie primarie

I più comuni tipi di batterie primarie sono:

Alcaline sono le più diffuse ed economiche, si trovano in commercio in tutti i formati e presentano una bassa autoscarica, possono mantenersi anche fino a oltre cinque anni se non utilizzate. Presentano una elevata resistenza interna e di conseguenza la tensione scende notevolmente in caso di richiesta di alti valori di corrente, le prestazioni di queste batterie diminuiscono alle basse temperature;

Litio hanno come punto di forza una elevata energia specifica (fino a 400 Wh/ kg) che permette di avere peso e dimensioni ridotte a parità di energia fornita, per questa caratteristica la loro forma più diffusa è quella a “bottone” e vengono utilizzate soprattutto per orologi, allarmi senza fili, macchine fotografiche digitali, apparecchi acustici, la loro durata in funzionamento arriva anche a cinque anni e durante la conservazione presenta una bassissima autoscarica con perdite inferiori all’1% all’anno;

Zinco-carbone sono le più utilizzate a causa del costo ridotto, hanno un parametro di auto scarica abbastanza elevato, sono adatte per tutti gli usi, lampade portatili, giocattoli, apparecchi elettronici portatili;

Mercurio utilizzano biossido di mercurio e per motivi di protezione ambientale al pari dei termometri sono state bandite e quindi non più utilizzabili;

Ossido di argento sono generalmente del tipo a bottone e sono indicate per l’alimentazione di orologi da polso, calcolatrici tascabili, apparecchi medicali, macchine fotografiche. L’anodo è realizzato con polvere di zinco, il catodo con ossido d’argento e l’elettrolita è una lisciva di potassa organica.

Batterie secondarie

I più comuni tipi di batterie secondarie sono:

Piombo-acido sono batterie riempite di acido solforico e sono disponibili anche con l’acido in forma di gel per impedire fuoriuscite, questo tipo di batterie devono essere continuamente mantenute cariche e non è consigliabile sottoporle a cicli completi di carica/scarica, si mantengono in carica con una tensione costante attraverso un limitatore di corrente. Vengono usate in campo automobilistico, in alcuni tipi di strumenti elettronici, negli UPS e nei sistemi di backup in genere;

Ni-Cd (Nichel-Cadmio) sono tecnologicamente le più vecchie e caratterizzate da un notevole effetto memoria (caratteristica di ricordare quanta percentuale di scarica è stata richiesta nelle precedenti utilizzazioni, in sostanza memorizzano quanta energia è stata utilizzata in precedenza e si ricaricano solo per quella) per cui occorre scaricarle completamente prima di sottoporle ad un nuovo ciclo di ricarica, presentano un altissimo valore di autoscarica e la presenza del cadmio le rende molto inquinanti;

Nichel-Idruri metallici (Ni-MH) hanno ormai sostituito del tutto le batterie al Ni-Cd e sono disponibili nei formati più comuni, hanno una capacità doppia rispetto a quelle al Ni-Cd e si ricaricano in 2/4 ore. L’effetto memoria è quasi nullo e i cicli di scarica possono essere fatti saltuariamente, riducono la loro capacità alle basse temperature, inoltre presentano un valore di autoscarica alto e devono essere ricaricate con un caricabatterie a controllo di carica in quanto risultano sensibili alla sovracarica;

Ioni di litio (Li-Ion) sono le batterie di ultima generazione e forniscono più potenza con minor ingombro e peso, come forma e dimensioni sono specifiche per il dispositivo che devono alimentare, è preferibile ricaricarle spesso e prima di essere totalmente scariche. La loro vita utile si misura in base all’energia totale che entra ed esce dalla batteria non in base al numero di cicli di carica e scarica, sono soggette ad una ridottissima percentuale di autoscarica, circa l’1% al mese per cui possono restare inutilizzate anche per parecchi mesi; scaricare completamente questo tipo di batterie è un grave errore, è consigliabile ricaricarle quando manca non meno del 25% di carica;

Batterie al sale fuso sfruttano le proprietà chimiche del sodio come elettrolita e per attivarle occorre una temperatura di circa 100 °C per ottenere la fusione del sodio, a causa dell’elevata temperatura di funzionamento queste batterie presentano notevoli problemi di sicurezza. Questi accumulatori vengono usati soprattutto per immagazzinare l’energia delle fonti rinnovabili quali il fotovoltaico e l’eolico;

Batterie Redox (Reduction-Oxidation) sono basate su un sistema elettrochimico di ossidoriduzione attraverso il quale l’energia viene immagazzinata in due soluzioni contenenti coppie redox diverse, in pratica sono costituite da due serbatoi contenenti le soluzioni anodiche e catodiche. Sono caratterizzate da una elevata capacità che le rende adatte all’immagazzinamento di grandissime quantità di energia inoltre il loro tempo di risposta è molto veloce e per questo motivo sono particolarmente adatte per gruppi di continuità. Questo tipo di batteria è anche definita “di flusso” in quanto genera energia tramite la circolazione di un liquido (una miscela di acido cloridrico e acido solforico) da un serbatoio esterno verso il centro della batteria, attualmente un grande svantaggio di questa tecnologia è la temperatura di funzionamento che deve essere compresa tra -5 e 50 °C ma i continui progressi delle tecniche costruttive e tecnologiche permetteranno per il futuro un notevole sviluppo di questa nuova tecnologia;

Supercondensatori sono dispositivi di accumulo dell’energia di gran lunga superiori rispetto ai condensatori convenzionali arrivando a capacità oltre i cinquemila farad. La tecnologia è basata sul fenomeno del doppio strato elettrico, un dielettrico separa due elettrodi e quando viene caricato si genera un campo elettrico in cui è immagazzinata energia. I supercondensatori possono essere caricati e scaricati quasi istantaneamente ed hanno un numero di cicli di carica/scarica molto più elevato rispetto a tutti gli altri accumulatori, come unico svantaggio hanno un livello di energia specifica molto basso, in figura 6 sono visibili alcuni tipi di supercondensatori.

Fig.6: Alcuni tipi di supercondensatori

Sigle di designazione

Così come nel caso delle prese e spine elettriche, anche in quello delle batterie non esiste ancora una normativa per una standardizzazione a livello mondiale, per cui in commercio esistono le batterie standard riconosciute e commercializzate in moltissimi Stati e le batterie proprietarie cioè quelle di forme, caratteristiche e sigle particolari, realizzate esclusivamente dai vari produttori per la commercializzazione o per le proprie apparecchiature elettroniche, come ad esempio nel caso dei cellulari e dell’industria automobilistica dove ogni produttore utilizza una forma diversa di batteria.

Gli organismi internazionali più importanti inerenti le normative tecniche e dimensionali delle batterie le cui norme sono state armonizzate sono l’IEC (International Electrotechnical Commission)e l’ANSI (American National Standards Institute), ad esempio per le batterie primarie ci sono le normative IEC 60086 mentre per le ANSI ci sono le normative C18. La siglatura IEC è basata su un codice di lettere e numeri dove le lettere indicano rispettivamente l’elemento chimico e la forma della batteria, mentre i numeri che precedono le lettere rappresentano il numero delle celle e quelli che seguono le lettere rappresentano in codice le dimensioni della batteria, possono poi seguire lettere che rappresentano particolari modifiche e caratteristiche; la siglatura ANSI è basata sempre su un codice di lettere armonizzato con quello IEC ma i numeri che seguono rappresentano un codice associato ad una determinata dimensione, ad esempio il codice:

Non essendoci ancora una normativa internazionale unica che stabilisce una standardizzazione obbligatoria, la maggior parte dei costruttori di batterie usa una propria sigla fornendo poi dettagliate indicazioni di compatibilità IEC. Di seguito alcuni esempi in base all’armonizzazione IEC/ANSI, vedi figure 7 e 8:

LR03 nome italiano mini stilo, è riferita ad un cella con elettrodi Zinco e biossido di manganese ed elettrolito alcalino con tensione nominale 1,5 V (lettera L); di forma cilindrica, diametro nominale 10,5 mm, altezza 44,5 mm, (codice R03), altro nome identificativo AAA; designazione equivalente ANSI 24A; questa batteria ad esempio è commercializzata dalla Varta come LONGLIFE EXTRA 4103;

LR6 nome italiano stilo, è riferita ad una cella con elettrodi Zinco e biossido di manganese ed elettrolito alcalino con tensione nominale 1,5 V (lettera L); di forma cilindrica, diametro nominale 14,5 mm, altezza 50,5 mm (codice R6), altro nome identificativo AA; designazione equivalente ANSI 15A; questa batteria ad esempio, è commercializzata dalla Duracell come MN1500;

LR1 nome italiano micro stilo, è riferita ad una cella con elettrodi Zinco e biossido di manganese ed elettrolito alcalino con tensione nominale 1,5 V (lettera L); di forma cilindrica, diametro nominale 12 mm, altezza 30,2 mm, (codice R1), altro nome identificativo N; questa batteria ad esempio, è commercializzata dalla Duracell come MN9100;

LR14 nome italiano mezza torcia, è riferita ad una cella con elettrodi Zinco e biossido di manganese ed elettrolito alcalino con tensione nominale 1,5 V (lettera L); di forma cilindrica, diametro nominale 26,5 mm, altezza 50 mm, (codice R1), altro nome identificativo C; designazione equivalente ANSI 14A; questa batteria ad esempio, è commercializzata dalla Duracell come LONGLIFE EXTRA 4114;

LR20 nome italiano torcia, è riferita ad una cella con elettrodi Zinco e biossido di manganese ed elettrolito alcalino con tensione nominale 1,5 V (lettera L); di forma cilindrica, diametro nominale 34,5 mm, altezza 61,5 mm, (codice R1), altro nome identificativo D; designazione equivalente ANSI 13A; questa batteria ad esempio, è commercializzata dalla Duracell come MN1300;

6LR61 nome italiano transistor, è riferita ad una batteria di sei celle con elettrodi Zinco e biossido di manganese ed elettrolito alcalino con tensione nominale 9 V (lettera L); di forma cilindrica, diametro nominale 34,5 mm, altezza 61,5 mm, (codice R1), altro nome identificativo D; designazione equivalente ANSI 1604A; questa batteria ad esempio, è commercializzata dalla Varta come LONGLIFE EXTRA 4122;

SR63 nome italiano a bottone, è riferita ad una cella con elettrodi Zinco e ossido di argento ed elettrolito alcalino con tensione nominale 1,55 V (lettera S); di forma cilindrica, diametro nominale 5,8 mm, altezza 2,15 mm, (codice R63); questa batteria ad esempio, è commercializzata dalla Varta come V379 e dalla Duracell come D379;

CR2025 nome italiano a bottone, è riferita ad una cella con elettrodi di Litio e biossido di manganese ed elettrolito organico con tensione nominale 3 V (lettera C); di forma cilindrica, diametro nominale 20 mm, altezza 2,5 mm, (codice R2025); designazione equivalente ANSI 5003LC; questa batteria ad esempio, è commercializzata dalla Duracell come DL 2025.

Fig.7: Alcuni tipi di batterie cilindriche
Fig.8: Alcuni tipi di batterie a bottone

Alcuni consigli utili

–       Le batterie usate sono componenti altamente inquinanti e quindi classificate come rifiuti speciali che non devono essere dispersi nell’ambiente ma devono essere conferiti negli appositi contenitori pubblici dedicati o presso le piazzole ecologiche comunali, in figura 9 sono visibili alcuni tipi di contenitori dedicati; il DL 188/2008 “Attuazione della direttiva 2006/66/CE concernente pile, accumulatori e relativi rifiuti e che abroga la direttiva 91/157/CEE” entrato in vigore dal 18/12/2008 estende il recupero e riciclo delle batterie piombose già attuato dal 1988, a tutti i tipi di batterie che utilizzano altri metalli o composti chimici, in particolare stabilisce gli obiettivi di raccolta e smaltimento per quanto riguarda le pile e gli accumulatori portatili e che entro il 26 settembre 2016 dovrà essere conseguito un tasso di raccolta minimo del 45% del quantitativo immesso sul mercato. A tale proposito il decreto prevede la costituzione di un Centro di coordinamento Pile ed Accumulatori (CdcPA) senza fini di lucro, al quale devono partecipare tutti i produttori con il compito di attuare le operazioni di raccolta, trattamento e riciclaggio unitamente a campagne di informazione sul corretto smaltimento di pile ed accumulatori a fine vita e stabilisce che gli utilizzatori finali potranno disfarsi gratuitamente di tali rifiuti nei punti di raccolta più vicini, in appositi centri o contenitori comunali, depositandoli in appositi contenitori presso i distributori stessi senza l’obbligo di acquistarne dei nuovi. Il DL 188/2008 definisce il produttore come: «chiunque immetta sul mercato nazionale per la prima volta a titolo professionale pile o accumulatori, compresi quelli incorporati in apparecchi o veicoli, a prescindere dalla tecnica di vendita utilizzata, comprese le tecniche di comunicazione a distanza definite agli articoli 50, e seguenti, del decreto legislativo 6 settembre 2005, n.206, di recepimento della direttiva 97/7/CE riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza».

Fig.9: Alcuni tipi di contenitori per la raccolta delle pile e degli accumulatori usati

–       Non utilizzare mai apparecchiature previste per il funzionamento a batteria ricaricabile senza di esse, alimentandole direttamente dalla rete, in caso di malfunzionamenti dell’alimentatore caricabatterie o brusche oscillazioni della rete, senza le batterie ricaricabili inserite le apparecchiature potrebbero subire gravi danni;

–       Non caricare troppo a lungo le batterie, verificare sempre che il caricabatteria sia fornito di regolatore di carica, altrimenti è bene collegare un timer per lo spegnimento automatico dopo aver valutato il tempo di carica analizzando la capacità della batteria e la quantità di energia fornita dall’alimentatore, ad esempio se si deve ricaricare una batteria da 5 A e l’alimentatore eroga una corrente di 2,5 A/h, è bene che la carica standard non superi di molto le 2 ore;

–       Le batterie, soprattutto quelle secondarie, sono ancora oggi l’elemento più critico delle apparecchiature elettroniche portatili, nonostante i recenti progressi delle nuove tecnologie costruttive, dopo un determinato numero di cicli di ricarica mediamente 700/800, perdono progressivamente potenza e dopo un certo periodo la loro ricarica dura sempre meno fino a doverle sostituire;

–       La temperatura è una caratteristica importantissima per il buon funzionamento delle batterie, i prodotti chimici presenti al loro interno si possono esaurire con temperature troppo alte o congelare con temperature troppo basse, per questi motivi è buona norma utilizzarle per temperature non inferiori a 0°C e non superiori a 45°C e soprattutto non sottoporle a repentini sbalzi di temperatura come lasciarle a lungo esposte ai raggi solari e immediatamente dopo esporle a temperatura molto bassa;

–       Non utilizzare mai batterie che presentano segni evidenti di anomalie quali danneggiamenti dell’involucro esterno e in modo particolare rigonfiamenti anche leggeri;

–       Nel caso in cui le apparecchiature portatili non vengano utilizzate per un lungo periodo (20/30 giorni), è bene rimuovere la batteria o la cella e conservare quelle ricaricabili con una carica di circa il 50% in ambienti senza eccessivi sbalzi termici. Lasciare la batteria completamente scarica può comportare la condizione di non mantenimento delle successive cariche, mentre lasciarla completamente carica può comportare un deterioramento della capacità con conseguente riduzione dell’autonomia;

–       Nell’utilizzo di una qualsiasi batteria è buona norma leggere attentamente le caratteristiche tecniche fornite dal costruttore dell’apparecchiatura in cui è impiegata e quelle della batteria stessa, non esiste una correlazione diretta tra la grandezza, il numero di celle e la capacità della batteria, ad esempio batterie da sei celle possono avere a seconda delle tecniche costruttive una capacità di 6600 mAh o 7900 mAh oppure 8800 mAh;

–       In caso di alimentazione con più batterie, non mescolare mai batterie vecchie e nuove o utilizzare marche diverse;

–       Pulire di tanto in tanto le superfici di contatto delle batterie utilizzando una gomma per matita e strofinando delicatamente;

–       Non inserire mai una batteria ricaricabile in un caricabatterie che non sia specifico per quel tipo di batteria, e soprattutto non ricaricare una batteria se non specificatamente etichettata come ricaricabile, il tentativo potrebbe provocare l’esplosione della batteria e causare seri danni;

–       Se non utilizzate conservare le batterie nelle confezioni originali fornite dal costruttore o provvedere ad isolare adeguatamente i poli attivi al fine di evitare eventuali contatti accidentali con oggetti metallici come monete o chiavi che potrebbero causare un cortocircuito provocando un pericoloso surriscaldamento.[:en] 

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